Mentre gli studenti in Erasmus a Parigi, ogni giorno, prima di entrare in un grande supermercato, in una biblioteca o in una sede universitaria hanno ormai acquisito l’abitudine di sbottonare il cappotto e mostrare il contenuto della propria borsa, i colleghi che si trovano a Bruxelles hanno affrontato giornate intense a causa della ricerca di Abdeslam Salah, terrorista a capo degli attacchi nella première volle francese.
L’importanza della notizia ha avuto un notevole risalto in Italia, anche grazie all’influenza dei media. In effetti, l’elevato clima di tensione che poteva trasparire dalle immagini in TV e dall’opinione comune è in parte smentito dalle parole di Fiorella Privitera, studentessa studentessa al secondo anno del corso di laurea magistrale in Scienze Filosofiche e momentaneamente in Erasmus presso l’Université Libre de Bruxelles.
“Sembrerà strano – spiega la studentessa – ma qui il clima è stato abbastanza tranquillo! Anche se la presenza della polizia per le strade è aumentata ed un nostro amico è rimasto turbato dal caos scatenatosi vicino l’aeroporto. Per altro la notizia della cattura dell’attentatore mi è stata prima riferita dal mio fidanzato in Italia. Qualche giorno fa c’è stata una sparatoria a 6 km da dove abitiamo io e la mia coinquilina Miriam e siamo state informate da suo zio per telefono, il quale come tanti parenti era stato allarmato dalla notizia. Il vero clima di terrore sembra quasi si respiri in Italia. Abbiamo notato che i telegiornali italiani hanno posto in apertura le notizie di questi eventi a Bruxelles, mentre incredibilmente i giornali belgi titolavano in prima pagina ‘Bel tempo! Ci sarà ancora una settimana di sole?’. Ribadisco però che i controlli, in particolare vicino alle fermate degli autobus, erano stati rafforzati”.
Il protagonista di tali avvenimenti è stato un quartiere più periferico di Bruxelles, Molenbeek. Le riflessioni sugli ambienti in cui i ragazzi islamici si radicalizzano sono state suggerite da sociologi e politici, poiché spesso si tratta di quartieri che assumono una dimensione non tanto lontana da quella di un ghetto. Questo problema è stato alquanto evidente nelle banlieu parigine. Ecco il pensiero di Fiorella Privitera a tal proposito:
“Io non sono stata a Molenbeek e non so se ci andrò… Però quest’impressione di ghetto non l’ho avuta per niente in rapporto alla città. Bruxelles è molto aperta e le diverse zone sono collegate e comunicanti tra loro; i quartieri, per struttura, sono molto simili gli uni agli altri, quindi escluderei di definire Molenbeek una banlieu o un ghetto. Anzi, aggiungo che non vi è solo una forte presenza araba, ma anche tanti nostri connazionali”.
Infine, la questione delle misure di sicurezza continua ad essere molto discussa, anche in Italia.
“I Belgi sono molto tranquilli- commenta Fiorella – Ma anche molto efficienti. Ci troviamo bene qui. Al massimo qualche controllo in più potrebbe essere fatto sui trasporti che collegano le grandi città. A Parigi prima di prendere il Thalys, il treno ad alta velocità che la collega a Bruxelles, ci sono appositi controlli, al contrario da Bruxelles alla capitale si può salire con assoluta tranquillità, solo mostrando il biglietto. Eppure è successo che un integralista abbiamo cercato di fare un attentato e sia stato fermato da un marine”.
Possiamo ricostruire un quadro di efficienza da parte delle forze militari e di diffusa serenità tra gli abitanti della capitale del Belgio. A Parigi resta ancora vigente lo stato di emergenza attentati.
Fonte foto: Repubblica.it
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