Farm Cultural Park è un progetto innovativo che nasce a Favara, in provincia di Agrigento e che, attraverso la riqualificazione degli spazi territoriali e la rigenerazione urbana, diffonde arte e cultura. Noi di LiveUnict abbiamo intervistato la fondatrice, Florinda Saieva, per conoscere meglio l’iniziativa.
Il coraggio, probabilmente, risiede anche nel saper individuare la bellezza lì dove, seppur ve ne sia parecchia, viene offuscata da qualcosa di estraneo a essa. E non solo individuarla, ma soprattutto investire su di essa e portarla alla luce dei più. Ecco ciò che Florinda Saieva e il marito Andrea Bartoli hanno fatto ideando Farm Cultural Park. Un progetto che parla della nostra Sicilia, che valorizza le sue innumerevoli potenzialità e che aiuta a guardare oltre le apparenze.
Un progetto di condivisione di idee, arte, cultura che non solo valorizza i luoghi che appartengono al nostro patrimonio ma crea lavoro e soprattutto un circuito di ottimismo, attraverso testimonianze concrete di gente che inventa nuovi modi di pensare, abitare e vivere e getta così fondamenta per il futuro.
Favara è anche diventata, attraverso Farm Cultural Park, una importante meta turistica: Purple Travel, noto blog britannico, la colloca al settimo posto per gli amanti dell’arte contemporanea, dopo Firenze, Parigi, Bilbao, le isole della Grecia e New York.
Queste sono storie che permettono di sperare nel cambiamento. Perché se un territorio noto prevalentemente per avvenimenti mafiosi, adesso è conosciuto dal mondo per l’arte e la cultura che diffonde, è un segnale evidente del fatto che è possibile essere portavoce della legalità ed è nostro compito non lasciare il futuro nelle mani degli altri, ma piuttosto essere artefici del nostro destino e del cambiamento in positivo della nostra Sicilia.
Quando e come nasce l’idea di creare un progetto che dia spazio all’arte, alla cultura in un contesto difficile, come Favara? E cosa offre concretamente Farm Cultural Park?
«Farm Cultural Park nasce circa sei anni fa, quando io e Andrea ad un certo punto dovevamo decidere dove costruire il nostro progetto di Vita, e piuttosto che scegliere una capitale europea, dove peraltro in quel periodo avevamo preso una casa in affitto, abbiamo deciso di tornare in Sicilia, consapevoli che nessuno avrebbe potuto migliorare la nostra vita se non noi stessi, e allora abbiamo fatto ciò che era nelle nostre possibilità perché ciò accadesse.
E’ sempre molto difficile spiegare cos’è Farm Cultural Park. Negli ultimi cinque anni questa realtà ha portato a Favara migliaia di artisti, creativi, giornalisti, viaggiatori e semplici visitatori che condividendo le loro esperienze hanno lavorato e continuano a lavorare per ripensare nuovi modi di vivere, lavorare e stare insieme. Per questo ogni tanto parliamo di “Museo delle Persone”. Sicuramente il valore più importante di questa esperienza è l’aver costruito intorno a se un forte valore di appartenenza e di possibilità. Una delle cose delle quali andiamo più fieri è che le persone hanno riacquistato l’orgoglio di appartenere a questo territorio.
Farm Cultural Park ha motivato tanti giovani a mettersi in discussione, ristrutturare le case dei nonni per creare dei b&b, aprire ristoranti e pizzerie, creare nuovi spazi culturali. Ha convinto tanti giovani e meno giovani a non aspettare che il cambiamento arrivi dall’alto, ma a diventare protagonisti di questo cambiamento. Ai Sette Cortili, cuore nevralgico di Farm Cultural Park, sia all’interno che all’esterno è possibile visitare esibizioni, installazioni, opere di artisti nazionali ed internazionali.
E’ possibile mangiare nei vari spazi destinati al food. E’ possibile anche lavorare all’interno dello spazio di co-working Holy Cow ( abbiamo l’onore di incubare due straordinarie realtà come Polline e L’edicola dell’innovazione ) e avere attività formative e laboratoriali all’interno dello spazio Nzemmula.
Da quest’estate è possibile anche rinfrescarsi nelle ore calde dell’estate siciliana all’interno di Riad Farm e prenotare una straordinaria suite per un’occasione speciale.
E’ possibile partecipare a presentazioni di libri, laboratori per bambini, corsi di cucina, lecture di importanti personalità del mondo della cultura, scatenarsi e ballare negli appuntamenti musicali ed infine portare a casa un piccolo ricordo acquistando qualcosa vintage o handmade nel negozio 7shop.»
Quanto coraggio serve per decidere di tornare a vivere in un luogo della Sicilia che, se paragonato alle grandi metropoli estere, poco o nulla offre in termini lavorativi e non solo e creare all’interno dello stesso territorio un progetto così lungimirante e innovativo? Quante difficoltà avete incontrato inizialmente?
« Tante persone spesso mi dicono che siamo stati coraggiosi a fare quello che abbiamo fatto e allora mi sono interrogata sul vero significato della parola: “forza d’animo nell’affrontare il pericolo, nell’intraprendere azioni difficili, nel sopportare con serenità dolori e sacrifici”, e allora ho capito che probabilmente non sono stata poi così coraggiosa se non nella misura in cui ho deciso di fare sacrifici. E allora più che coraggiosa mi definirei felice, perché faccio quello che mi piace vivendola mia vita e non quella che gli altri si aspettano che io viva e tutto ciò nella mia città, accanto ai miei affetti. La maggiore difficoltà è stata quella di far capire alla gente che il nostro è un progetto per tutti, che non vogliamo arricchirci né c’è un secondo fine se non quello di vivere bene nel posto in cui stiamo.»
Pensando al Farm Cultural Park, mi vengono in mente le parole di Peppino Impastato sulla bellezza come arma per sconfiggere la rassegnazione, la paura e l’omertà. Ed è un po’ ciò che fate voi. Insegnate alla gente la bellezza dei luoghi, la curiosità e lo stupore verso il nuovo e, appunto, il bello. Attraverso la legalità trasmettete nuovi modi di pensare, di abitare e di vivere. Ma che tipo di riscontro avete avuto dalla gente di Favara? Ha dimostrato o dimostra interesse e partecipazione?
«Inizialmente il dialogo non è stato molto semplice, perché purtroppo la diffidenza è molto più diffusa della fiducia, ma ben presto la comunità si è accorta che qualcosa stava cambiando, che si parlava di Favara in positivo, che i turisti iniziavano ad arrivare e anche loro, sebbene ancora non capiscano realmente cosa facciamo, hanno iniziano a crederci, a fidarsi aprendo ristoranti, B&B, pizzerie etc. E’ ancora molto difficile riuscire a coinvolgerli pienamente nelle attività culturali, ma pian piano la partecipazione va incrementandosi.»
Sembrerebbe che il vostro sia un progetto spinto dall’amore e che si espanda attraverso esso. Un progetto che parte da un sentimento comune, testimoniato dal fatto che la forza motrice risiede nella famiglia che, unita dalla volontà di stare insieme, torna nel paese d’origine con in mente un progetto ricco di contenuti. L’amore, il sentimento familiare e successivamente l’unione di un team forte quanto è importante per la buona riuscita di progetti del genere?
«Io direi che la passione e l’amore per quello che fai siano due ingredienti fondamentali, insieme alle persone, per la buona riuscita di qualsiasi progetto, ma ritengo anche che avere un progetto comune di vita sia necessario per stare bene in famiglia.»
Il vostro è un progetto con una chiara impronta estera. Cosa avete importato dalle grandi metropoli europee e/o mondiali? E come avete amalgamato le importazioni con le risorse del territorio siciliano?
«In realtà per noi è stato naturale mixare le due cose e lo abbiamo fatto in modo naturale portando a Favara ciò che di bello abbiamo visto fuori, basta non avere pregiudizi e condizionamenti.»
In che modo pensate di espandere il progetto all’interno del territorio siciliano? Chi fosse interessato a concretizzare, all’interno della propria città, il “messaggio di bellezza” di cui siete portavoce, potrà rivolgersi a voi intanto?
« Noi siamo sempre molto disponibili, al momento stiamo portando avanti un progetto molto bello che si chiama Urban Farmer, l’idea è quella di creare degli ambasciatori di Farm che condividono i valori e la filosofia, in Sicilia, in Italia e anche all’estero. Urban Farmer è un progetto Farm Cultural Park per promuovere i valori e la filosofia Farm attraverso un format unico ed innovativo, che abbia come finalità di ispirare buone pratiche nell’ambito dell’utilità sociale e dello sviluppo sostenibile, prendendo spunto dall’esperienza di Farm Cultural Park.»
Noi giovani, soprattutto, abbiamo bisogno di testimonianze positive, concrete e coraggiose. Come la vostra. Che consigli dareste ai tanti giovani, nostri lettori, che spesso si trovano in situazioni di precarietà economiche e lavorative, per affrontare al meglio le varie difficoltà e superarle?
«Viviamo in un territorio assetato di novità, purtroppo siamo cresciuti con l’idea di dover trovare un lavoro e mantenerlo per sempre, ma spesso non è così e quindi imparare a cogliere quelle che sembrano delle difficoltà in opportunità. Io dico sempre che bisogna viaggiare, conoscere e studiare, assecondando quelle che sono le proprie passioni e attitudini senza doversi sentire ingabbiati nel percorso di studi che abbiamo fatto e soprattutto senza dover per forza coronare il sogno dei nostri genitori. Dovete vivere la vostra vita e non quella che gli altri si aspettino che voi viviate. E come direbbe Riccardo Luna: “Perché quelli che vogliono cambiare il mondo non aspettano, lo fanno!”.»
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