UNIVERSITÀ – Caso Regeni: tre studenti italiani inviano una lettera aperta a Renzi

Un caso che ha scosso le coscienze non solo degli studenti italiani, ma anche di quelli esteri. Un corpo, quello di Giulio Regeni, ritrovato privo di vita, di speranze. Un giovane ricercatore con la voglia di lottare in un paese avvolto dalle nubi dittatoriali. E il mondo accademico non vuole rimanere fermo a guardare. Ecco di seguito una lettera aperta indirizzata al presidente del consiglio Matteo Renzi e stilata da tre studenti, anch’essi pronti a tutto per la salvaguardia della libertà di espressione e di pensiero. 

Spettabile Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi,
Il ritrovamento del corpo, ormai senza vita, del nostro stimato collega Giulio Regeni in Egitto ha provocato un immenso dolore in tutti noi che ci occupiamo di Medio Oriente e Nord Africa.
La notizia ci ha addolorato, ma non ci ha colto di sorpresa, purtroppo.
Noi, studiosi ed accademici che abbiamo avuto modo di essere in Egitto per ricerca o che abbiamo seguito le notizie provenienti dal Paese grazie al lavoro di tanti colleghi come il nostro stimato Regeni, sappiamo benissimo quanto fragile sia diventato ormai il valore della vita nel Paese.
Arresti di massa, sparizioni di centinaia persone, uccisioni sommarie e a cielo aperto, intimidazioni, espulsioni di accademici e di critici del regime sono all’ordine del giorno da quando il generale al-Sisi, il 3 Luglio 2013, ha preso il potere con un colpo di stato militare. Quel giorno il cammino egiziano verso la democrazia ha smarrito anche la sua ultima speranza.
Quel giorno le voci dei tanti giovani che, a partire dal 25 gennaio 2011, avevano fatto il primo passo verso un Egitto più libero, più democratico e, per la prima volta in sessant’anni di storia, più padrone di sé e del proprio volere, sono state nuovamente soffocate. Quelle voci sono state represse e silenziate per la sete di potere di una casta militare che dal 1954 si comporta da padrona, non ricordandosi invece che la funzione di chi governa è anche quella di proteggere i propri cittadini.
Sin dal luglio 2013, note organizzazioni governative e non governative hanno denunciato l’abuso dei diritti umani in Egitto da parte delle forze dell’ordine, non solamente militari ma, soprattutto, le forze di polizia, sia quelle ufficiali, sia le ‘baltagiya’, ovvero le forze mercenarie di cui lo stesso al-Sisi è direttore e principale responsabile.
Il popolo egiziano è vittima di sparizioni, uccisioni e arresti di massa, incarcerazioni arbitrarie, detenzioni senza giusto processo, forti limitazioni alle libertà fondamentali di espressione ed opinione.
Le notizie frammentarie e contrastanti sulle circostanze della morte di Giulio sono, per noi, segni piuttosto chiari della volontà delle forze dell’ordine egiziane di nascondere le vere cause del decesso, che noi riteniamo essere probabilmente collegato all’abuso di potere delle stesse forze dell’ordine egiziane, poiché torture di quel tipo sono difficilmente imputabili a forze extra-istituzionali.
Noi crediamo, inoltre, che il governo italiano abbia volutamente chiuso gli occhi davanti all’abuso dei diritti umani contro il popolo egiziano da parte del regime militare di al-Sisi. Ci chiediamo se l’abbia fatto in vista degli interessi economici che il nostro Paese ha in Egitto. Scambi economici che devono continuare a crescere ed il cui ultimo esempio è rappresentato dalla possibilità italiana di trarre vantaggio dallo sfruttamento di giacimenti di gas naturale al largo delle coste egiziane, recentemente scoperti dall’Eni.
Come accademici, ma soprattutto come cittadini italiani, ci chiediamo quanto la crescita economica del nostro Paese possa essere diventata una moneta di scambio di fronte alla morte del nostro collega Giulio Regeni e di migliaia di inermi cittadini egiziani. Chiudere gli occhi di fronte alle circostanze della sua morte, continuare a sostenere ed accordarsi economicamente con un regime militare dittatoriale e repressivo come quello di al-Sisi in Egitto significa per noi denigrare e sminuire l’importante contributo politico, culturale ed umano che Giulio e gli altri cittadini egiziani portavano all’Italia, all’Egitto ed al mondo, ma anche il violare stesso di libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani sui quali si fonda il nostro stesso Paese.
Noi riteniamo inoltre che continuare a sostenere economicamente regimi dittatoriali come quello di al-Sisi renda vano ogni sforzo nel fronteggiare le crisi umanitarie che stiamo vivendo. Il terrorismo e l’emergenza migranti sono fenomeni che hanno un’origine comune: la mancanza delle libertà fondamentali. Il terrorismo, come noi italiani sappiamo bene, si alimenta attraverso la repressione e la violenza. Continuare a finanziare economicamente i paesi in cui avvengono quotidianamente violazioni dei diritti umani significa solo procrastinare e rendere più difficile il raggiungimento di una soluzione alle emergenze dell’immigrazione e del terrorismo.
Per questo noi accademici, colleghi e amici di Giulio Regeni, chiediamo la piena e attiva collaborazione tra governo italiano ed egiziano nell’investigare l’accaduto e le circostanze che circondano la morte del nostro amato collega. Chiediamo inoltre, che i colpevoli, i veri colpevoli, siano portati nelle mani della giustizia, per quanta giustizia ci possa essere rimasta in Egitto.
Ma soprattutto domandiamo al nostro Governo, ed a Lei in primis caro Presidente del Consiglio Matteo Renzi, la verità sulla vicenda della morte di Giulio, anche se questo implicherà ammettere di aver, direttamente o indirettamente, supportato un regime militare e dittatoriale come quello di al-Sisi le cui politiche repressive hanno eventualmente colpito anche l’Italia e noi italiani.

Cordialmente,
Erika Biagini, Dublin City University, Irlanda
Mauro Saccol, Università di Genova, Italia
Carlotta Stegagno, Università di Genova, Italia

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