Abbandono prematuro degli studi: al Sud accade più spesso

Il diritto allo studio è uno dei diritti fondamentali ed inalienabili della persona, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell’Onu. E, come tale, va difeso. A tutti noi sembra normale che ogni bambino e adolescente  vada a scuola regolarmente, magari contro voglia e abbastanza seccato da tutto ciò che comporta. Ma non è così. Non sempre. Non ultimamente. Si è, infatti, tornati a parlare di abbondono prematuro degli studi. E i dati sono preoccupanti:

• nelle isole l’abbandono prematuro degli studi è un fenomeno che colpisce un giovane su quattro,

• nel Veneto solo un ragazzo su 10 lascia la scuola troppo presto.

Nonostante il miglioramento registrato dal 2004 al 2013, di 5,9 punti percentuali, la media nazionale evidenzia un divario consistente rispetto all’Ue (17% contro 12%). 

Riescono a fare peggio solo altri 4 paesi:

• Spagna (23,6%),

• Malta (20,8%),

• Portogallo (19,2%)

• Romania (17,3%).

I dati, elaborati dall’Adnkronos, un’agenzia stampa, sono contenuti nelle tabelle dell’Istat del rapporto ‘Noi Italia 2015‘, relative al 2013. Fortunatamente pare che ci si stia mobilitando per contrastare il fenomeno della povertà educativa: la legge di stabilità 2016 prevede lo stanziamento di un fondo di 100 milioni di euro, alimentato da versamenti provenienti da fondazioni bancarie sensibili a questa problematica.

Ritornando alla situazione concreta, sul nostro territorio convivono realtà molto differenti, con regioni come la Sicilia e la Sardegna dove si toccano punte di abbandono rispettivamente del 25,8% e 24,7%. Già nove anni prima le due isole si collocavano agli ultimi posti della classifica, superando i trenta punti percentuali. Insieme a loro c’era un’altra regione che nello stesso periodo è riuscita a ridurre il tasso di abbandono scolastico di oltre 10 punti: la Puglia che è passata dal 30,2% al 19,9%.

La performance peggiore è invece quella registrata dal Molise, che in nove anni ha visto crescere il numero di ragazzi che ha abbandonato gli studi di 0,2 punti, restando però al di sotto della media nazionale (15,4%). Nel Veneto si trova la percentuale inferiore di abbandono, risultato ottenuto grazie a un buon numero di partenza (nel 2004 era il 18,1%) e da un buon trend registrato nel corso degli anni (-7,8 punti), che ha portato il risultato finale al 10,3%.

I dati dell’Istituto di statistica mostrano un calo costante negli ultimi nove anni, che ha portato la percentuale di giovani che abbandonano prematuramente gli studi dal 22,9% del 2003 al 17% del 2013.

L’esame delle diverse aree geografiche evidenzia che evidenzia che i livelli più elevati di abbandono prematuro della scuola colpiscono le regioni del mezzogiorno dove, nonostante si sia registrata la riduzione più ampia degli ultimi 9 anni (-6,2%), il 21,4% dei ragazzi lascia gli studi. In tutte le altre aree i livelli di abbandono sono di almeno 6 punti inferiore rispetto al sud e si collocano tutte a breve distanza. Nel nord-ovest i giovani che hanno lasciato prematuramente gli studi sono il 15,5% del totale, in riduzione di 5,9 punti rispetto al 2004 (quando erano il 21,4%). Il centro-nord ha registrano una riduzione di 5,2 punti, passando dal 19,3% al 14,1%; mentre al centro si è registrato il calo più contenuto (-3,4 punti), ma grazie al dato di partenza migliore (17,1%) si colloca comunque in una buona posizione con il 13,7%. Il livello più basso si registra nel Nord-est, dove si passa dal 18,7% al 12,6% (-6,1 punti).

Secondo Save the Children la povertà educativa “è una mina innescata sul futuro di milioni di bambini e adolescenti italiani”. Povertà economica e povertà educativa, secondo l’associazione, “si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione”. In Italia sono “notevoli le carenze di servizi e opportunità formative scolastiche ed extrascolastiche: solo il 14% dei bambini tra 0 e 2 anni riesce ad andare al nido o usufruire di servizi integrativi, il 68% delle classi della scuola primaria non offre il tempo pieno e il 64% dei minori non accede ad una serie di attività ricreative, sportive, formative e culturali”.

Anna Fuoti

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