1. Dare la tv in mano ai giovani;
2. Dare ai politici uno stipendio di 500 euro;
3. Drenare tutti i fiumi;
4. Dare più soldi agli insegnanti;
5. Rendere la musica obbligatoria nelle scuole.
Sono solo cinque punti di una lunga lista di cose che Stefano Benni ha stilato lo scorso giugno, alla Feltrinelli di Catania in occasione della presentazione di Cari Mostri, quando un suo lettore gli ha chiesto: “Cosa faresti se fossi un dittatore?”. Eppure, questi non sono i punti di un programma dittatoriale, ma degli accorgimenti che possono solo garantire un miglioramento della situazione in cui il nostro Paese, ormai da molto tempo, sembra essere arenato.
Per questo motivo aggiungerei i cinque punti affidati ai suoi lettori a quanto scritto nella lettera in cui Stefano Benni spiega il motivo per cui ha rifiutato il Premio De Sica.
Gentili responsabili del premio De Sica e gentile Ministro Franceschini, vi ringrazio per la vostra stima e per il premio che volete attribuirmi. I premi sono uno diverso dall’altro e il vostro è contraddistinto, in modo chiaro e legittimo, dall’appoggio governativo, come dimostra il fatto che è un ministro a consegnarlo. Scelgo quindi di non accettare. Come i governi precedenti, questo governo (con l’opposizione per una volta solidale), sembra considerare la cultura l’ultima risorsa e la meno necessaria. Non mi aspettavo questo accanimento di tagli alla musica, al teatro, ai musei, alle biblioteche, mentre la televisione di stato continua a temere i libri, e gli Istituti Italiani di Cultura all’estero vengono di fatto paralizzati. Non mi sembra ci sia molto da festeggiare. Vi faccio i sinceri auguri di una bella cerimonia e stimo molti dei premiati, ma mi piacerebbe che subito dopo l’evento il governo riflettesse se vuole continuare in questo clima di decreti distruttivi e improvvisati,privilegi intoccabili e processi alle opinioni. Nessuno pretende grandi cifre da Expo,ma la cultura (e la sua sorgente, la scuola) andrebbero rispettate e aiutate in modo diverso.
Accettiamo responsabilmente i sacrifici, ma non quello dell’intelligenza.
Comprendo il vostro desiderio di ricordare il grande Vittorio De Sica, e voi comprenderete il mio piccolo disagio.
Un cordiale saluto e buon lavoro
Stefano Benni
Un “caro” mostro quello che il Lupo ha affrontato scegliendo di non accettare il Premio, ma soprattutto una grande azione da parte di chi nella scrittura trova quotidianamente la forza per combattere i ricatti che l’attualità, con estrema facilità, ci pone di fronte. Forse, chi lo ha scelto come vincitore non ha compreso fino in fondo il valore dei suoi libri, dove il fantastico e l’ironia fungono da cartina di tornasole attraverso la quale filtrare la società.
Quello di Stefano Benni, dunque, non è rifiuto ma memoria, che “non è fatta solo di giuramenti, parole e lapidi, è fatta di gesti che si ripetono ogni mattino del mondo. E il mondo che vogliamo noi va salvato ogni giorno, nutrito, tenuto vivo. Basta mollare un attimo e tutto va in rovina”.
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