Blas Roca Rey è un attore teatrale, cinematografico e televisivo. Tra i suoi lavori, ricordiamo i film: Facciamo fiesta (1997), regia di Angelo Longoni, Ecco fatto (1998) e Ricordati di me (2003), entrambi diretti da Gabriele Muccino, e La cena per farli conoscere (2007), regia di Pupi Avati. Tra i lavori per il piccolo schermo, ricordiamo le miniserie tv: Valeria medico legale (2000-2002), regia di Gianfrancesco Lazotti, e Scusate il disturbo (2009), regia di Luca Manfredi. Dal 2007 fino al 2009 è stato guest star di Un posto al sole dove ha interpretato Cesare D’Onofri. Adesso è in scena con “ferro”, per la regia di Marco Mattolini e con Monica Rogledi.
Com’è nata la sua passione per la recitazione? Quando ha capito di voler fare questo lavoro?
È nata durante un’occupazione scolastica a fine anni ’70. Mi accorsi che durante delle “esibizioni” i ragazzi ridevano, io mi divertivo e loro anche, avevo 16 anni. Decisi che volevo provare e riuscire ad essere attore. L’autunno seguente entrai alla “Silvio D’Amico “.
Ha avuto un modello di riferimento per i suoi studi di recitazione?
Non uno, molti. Andavo a teatro praticamente tutte le sere. Ho visto tutto: dal living theatre, massima espressione dell’avanguardia europea, a Gassman , Buazzelli, Carmelo Bene, Eduardo. Rubavo a tutti senza vergogna, assorbivo tutto, digerivo e sceglievo.
Qual è il lavoro teatrale e cinematografico a cui è più legato?
L’ultimo spettacolo è quasi sempre quello che ami di più. Ora sono in scena con “ferro” un testo di un giovane romano, testo crudo, potente e bellissimo. Regia di Marco Mattolini e con Monica Rogledi in scena con me. Ho splendidi ricordi di tanti spettacoli, sicuramente “xanax” di Longoni e ” non c’è tempo amore” di Gioielli.
Il film è sicuramente il primo che feci: “storia d’amore” di Maselli con Valeria Golino, grande successo al festival di Venezia.
Regista con il quale mi piacerebbe lavorare ancora è Lorenzo Gioielli, bravissimo autore e regista, e mio grande amico.
Uno con il quale non ho mai lavorato? Un sogno enorme, quasi impossibile: Peter Brook.
In che modo affronta lo studio dei personaggi che interpreta? Quanto di lei c’è nei suoi personaggi?
Ho un grande armadio nella testa, un archivio di persone che ho conosciuto e di mille miei modi di essere, di gioire, soffrire, arrabbiarmi… C’è sempre qualcosa di mio nei personaggi che sposo, qualcosa che li renda verosimili ma diversi fra loro. Cerco di stupire e di ingannare la banalità. Di prendere in contropiede chi mi guarda, ma restando nella verosimiglianza.
Una domanda secca. Cinema o teatro?
Teatro, è la mia casa, è il mio sogno realizzato. Il cinema è un lusso nel privilegio che già ho, fare il lavoro che amo.
Anni fa, in un quartiere” difficile ” di Roma, feci uno spettacolo in una sala che non era un vero teatro. Il pubblico era attentissimo e alla fine scoppio’ un applauso meraviglioso. Molta di quella gente era la prima volta che metteva piede in un teatro, mi dissero che lo avrebbero fatto di nuovo, grazie a me. Fu uno dei regali più belli che potessero farmi!
Quali progetti ha per il futuro?
Vivere del mio lavoro, godermi i miei tre figli e la persona che amo. La ripresa di “ladro di razza” di Clementi, regia ancora di Mattolini, con Massimo Dapporto, far vivere ” ferro” e altri due spettacoli per un teatro di Trieste . Da adesso a tutto il 2015/2016.
Cosa si sente di dire ai giovani attori che vogliono intraprendere questa carriera artistica?
Attenzione! Questo lavoro è il più bello del mondo, ma ci vuole tanto talento,tanto studio, tanta salute, nervi saldi e tantissima fortuna. Bisogna inghiottire tante sconfitte e frustrazioni. Non è un paese normale, il nostro. Il merito e la professionalità sono carne da cannone. Se vi viene in mente qualcos’altro da fare, non è il lavoro per voi. Se pensate di non poterne fare a meno, rassegnatevi! Siete nella merda fino al collo! Rimboccatevi le maniche e inseguite i vostri sogni. È sempre la strada più giusta.
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