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«Cerco lavoro», «Mi dia la password del profilo facebook»: il lavoro ai tempi del social recruiting

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«Davvero un buon colloquio! Adesso mi dia la password del profilo facebook che sbirciamo la sua vita privata».

Sembra assurdo, quasi uno scherzo, in realtà è una pratica che sta prendendo sempre più piede in Italia e non solo. Di fatto l’1,1% dei ragazzi italiani che sono alla ricerca di un posto di lavoro, e che riescono nell’ormai ardua impresa di ottenere un colloquio, si sente fare questa domanda. Quasi identica la percentuale dei selezionatori che afferma, tranquillamente, di fare tale richiesta. Clamoroso, inoltre,  il fatto che un reclutatore su quattro ammette di scartare candidati a causa di materiale pubblicato sui social.

I dati emergono dalla ricerca “Il lavoro ai tempi del #SocialRecruiting” di Adecco, realizzata in collaborazione con l’università Cattolica di Milano. L’indagine, in Italia, ha coinvolto 7597 candidati e 269 recruiter, ovvero le persone che nelle aziende sono delegate all’assunzione del personale.

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Il diciottesimo, le bevute tra amici (e coinquilini), le laurea e persino l’addio al celibato, dunque, risultano essere situazioni potenzialmente letali che possono riemergere pericolosamente, come uno scheletro nell’armadio, durante l’atteso momento del colloquio. Ma in questi casi allora, alla fatidica richiesta, cosa fare? Rivelare o no la propria chiave d’accesso? No. Assolutamente no, in quanto la privacy è un personale diritto. La prassi di richiedere la password di  un profilo altrui è assolutamente illegale, oltre che moralmente scorretta.

A questo punto, la domanda sorge spontanea: cosa andranno a guardare, in fondo, i professionisti  dell’assunzione? L’interesse dei recruiter è catturato innanzitutto da commenti e dichiarazioni  riguardanti il proprio posto di lavoro o la propria università. In secondo luogo, si attenzionano foto in  situazioni controverse, come ad esempio evidenti stati di ebbrezza. In terzo luogo vengono esaminati commenti politici e riguardanti l’uso di stupefacenti. Solo il 4% dei selezionatori, invece, giudica negativamente scatti in atteggiamenti informali quali ad esempio foto in costume da bagno. L’importante – dicono i reclutatori – è gestire al meglio l’impostazione sulla privacy. Se permettiamo solo agli amici, quelli veri, di poter vedere tutto quello che pubblichiamo sul nostro profilo, il problema dovrebbe essere risolto.

Attenzione, quindi, a tutto quello che condividete sui social: un giorno potrebbe costarvi caro ai fini di un’assunzione, sempre se decidete di rivelare la vostra password o non impostate adeguati filtri sulla privacy! Uomo avvisato…

 

 

 

 

A proposito dell'autore

Edward Agrippino Margarone

Edward Agrippino Margarone nasce nell'estate di Italia '90. Cresce a Mineo dove due grandi passioni cominciano a stregarlo: la Musica e lo Sport (in particolare il calcio). In pianta stabile a Catania, il suo nome è sinonimo di concerto: se andate a un live, con ogni probabilità, lo trovate lì da qualche parte. Giornalista e laureato in Ingegneria delle Telecomunicazioni, coordina la redazione di LiveUnict.