“C’era una volta una ragazza che aveva un amico che viveva nell’ombra.
Lei gli ricordava cosa si provava a sentire il sole sulla pelle e cosa si provava nel respirare e questo ricordava a lei che era ancora viva”
E’ il giorno del mio compleanno e ricevo in regalo questo testo, Storia di una ladra di libri.
E’ un regalo che mi riempie di gioia e di aspettative, come sempre davanti ad un nuovo libro da leggere, ed in particolare questa storia mi ha sempre incuriosito e affascinato, come un nuovo viaggio da affrontare, attraverso le parole.
Storia di una ladra di libri, scritto da Markus Zusak, è un libro che si legge tutto d’un fiato, che travolge, stravolge, commuove ed emoziona all’inverosimile.
E’ una di quelle letture da concedersi nel tempo libero che questo periodo estivo dovrebbe donare anche a noi studenti dispersi tra testi universitari.
E’ una di quelle letture che potrebbe anche cambiare la vita al lettore, la sua visione del mondo o semplicemente delle cose, ricordandogli che anche in un contesto crudele e tragico quale la guerra è, è possibile trovare un animo gentile pronto a donare amore incondizionato e a salvare.
Il contesto storico in cui la vicenda si svolge è la seconda guerra mondiale e la protagonista, Liesel, viene inizialmente presentata nelle vesti di una bambina, che è costretta a fare i conti con la sofferenza, perdendo inizialmente il fratellino più piccolo. Voce narrante è la Morte, chiacchierona, irriverente, ma non cattiva e violenta, lei stessa si definisce “soltanto un esito”.
Come si evince dal titolo siamo in presenza di una “ladra di libri”, si tratta di Liesel, che compie il primo furto proprio in contemporanea alla morte del fratellino, nel piccolo cimitero dove questi verrà seppellito.
Liesel nelle parole trova rifugio, conforto, una dimensione parallela che alleggerisce l’atmosfera tetra attorno a lei, trova il suo riscatto da tante sofferenze.
Poco dopo affidata ad una famiglia adottiva, nei pressi di Monaco, Liesel impara grazie al padre adottivo, Hans Hubermann, a leggere, compiendo furti di libri sempre più frequenti. Dapprima salvandone alcuni dal rogo nazista, successivamente dalla biblioteca del sindaco. Il suo scopo, infatti, è quello di tutelare i libri, di salvare anch’essi dalla guerra, quasi fosse una salvezza ciclica, perché alla fine i libri salvano anche Liesel e chi le sta attorno.
La parola, i libri tengono in vita, guariscono. Tutto questo troviamo all’interno del nostro libro, e sono le parole, sono le letture di Liesel a guarire un ragazzo ebreo, Max, che la famiglia Hubermann ha concesso di nascondere in cantina, salvandolo dalla morsa nazista. Max e Liesel costruiranno un legame sempre più forte, entrambi uniti dalla voglia di esprimere attraverso la parola le proprie sensazioni e da una generosità infinita.
Lo scrittore, Markus Zusak ci mostra la crudeltà di una storia non molto lontana da noi, di un passato di cui ancora portiamo i segni, insegnandoci come anche nei piccoli gesti possiamo trovare un rifugio che consola, che placa le ferite, che tiene in vita.
Ci sono pagine in cui è possibile riflettere sulla crudeltà dell’uomo che a volte divampa a dismisura e sembra incontrastabile, altre in cui ci si commuove per la nobiltà d’animo di chi quella stessa crudeltà vuole annientarla ma non sempre ne esce vittorioso.
Ci sono i volti degli ebrei, disorientati, stanchi, alla ricerca di una spiegazione a tutto quel martirio insensato, a tutte quelle morti, quelle sofferenze che mai troveranno giustizia.
Ci sono vite che conducono un’esistenza incerta, nell’angoscia e nella tensione di una guerra ingiusta, ma le guerre non sono mai giuste, quando a morire sono innocenti, quando ad essere soffocati sono diritti, sogni e speranze.
E la seconda guerra mondiale, come tutte le guerre succedutesi, sono un passato mai rimosso; le guerre continuano ancora oggi, e che si voglia attribuire ad esse il nome di ‘guerra civile’ o ‘guerre religiose’ (il cui nome è già un ossimoro terrificante), non potranno mai risolvere nessun contrasto, semmai fomentarlo creando ingiustizia, dove a pagare sono persone che quella guerra non l’hanno voluta, bambini che non hanno avuto il tempo di conoscere la bellezza della vita, di coglierne le sfumature, di conoscere quel genere umano pronto a regalare un sorriso, a donare speranze, diritti che ogni uomo deve possedere e sperimentare.
Nel nostro testo, viene dunque evidenziato il potere salvifico della parola e non è un caso che Liesel sia l’unica tra i familiari e amici del quartiere a salvarsi da un bombardamento proprio mentre si trova in cantina a scrivere una storia su suggerimento della moglie del sindaco, rivelatasi sua amica.
Incontri, abbracci, morti, sofferenze, lacrime e sorrisi, tutto questo troviamo all’interno del libro di cui scrivo; consiglio la lettura per chi non l’avesse ancora fatto: noi abbiamo tanto da apprendere e anche la lettura di un libro come questo potrebbe essere una buona occasione per farlo.
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