L’apertura è arrivata dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini: la lotteria del quizzone di 60 domande a risposta multipla da completare in 100 minuti ad aprile ha fatto registrare punteggi ai minimi e flop di cultura generale e forse non è il modo migliore per selezionare gli aspiranti dottori di domani.
LA CONTRARIETÀ DEGLI STUDENTI. Gli studenti, del resto, hanno fatto di tutto per affossare quel metodo: manifestazioni in Rete a suon di hashtag (#stopaltest e #nonumerochiuso) oltre che a sit-in e flash mob di fronte agli ospedali. «Sistema iniquo e ingiusto che priva del diritto di scegliere il proprio futuro», è il succo della protesta.
MEGLIO FARE GLI ESAMI DOPO UN ANNO. L’alternativa, dunque? Il modello adottato in Francia, ha fatto intendere Giannini. E cioè l’immissione iniziale di tutti i possibili iscritti e una successiva selezione, solo dopo il primo anno, molto rigorosa. Dimostrando così reali meriti.
«Se passi gli esami prosegui, altrimenti sei fuori. Non è più facile. Si spalma la valutazione dalla prova di un singolo giorno ai risultati di un anno intero di studio», ha spiegato il ministro.
GIOVANI MEDICI: «CORRETTIVI ALL’AMERICANA». Ma c’è già chi storce il naso. Come l’Associazione italiana giovani medici: «È difficile capire se funzionerà da noi. In Francia molti si lamentano: chi può va in Belgio per tentare l’accesso a Medicina», spiega a Lettera43.it il vice presidente Andrea Silenzi.
Con questo sistema in media il 15-20% degli iscritti supera la barriera e accede al secondo anno.
Chi non ce la fa, però, necessita di tutele: «Serve un sistema all’americana che permette di accumulare crediti. Così in caso di esclusione ci si può orientare verso altri indirizzi, come veterinaria», chiarisce Silenzi.
«Prima il diritto allo studio? È pura demagogia. Il concetto va di pari passo con la tutela della salute».
ASSOCIAZIONI STUDENTESCHE: «CI COINVOLGANO». Le associazioni studentesche giudicano positivamente l’apertura del ministro, ma chiedono l’avvio di un confronto: «Vorremmo essere coinvolte in questo processo decisionale e che non si arrivi a cambiare le regole del gioco ogni sei mesi diffondendo il panico tra le aspiranti matricole».
L’effetto imbuto arriva con i contratti di specializzazione
Il vero guaio però è un altro e si riscontra allo step successivo: la mancanza di programmazione degli accessi alle scuole di specializzazione.
In sostanza, i posti per accedere ai corsi di laurea sono stati progressivamente incrementati da 7.300 nel 2007 a 10.700 nel 2013, ma ‘l’imbuto’ è costituito dal numero di contratti di specializzazione (passati da 5 mila nel 2012 a una previsione di 3.500 nel 2014), come hanno denunciato anche il comitato ‘Medici senza futuro’.
«E specializzarsi non è uno sfizio, ma il requisito essenziale per accedere al Sistema sanitario nazionale», sottolinea Silenzi.
Ecco perché aprire ulteriormente l’accesso ai corsi di medicina può rivelarsi un boomerang, anzi «una follia», denuncia l’Associazione dei giovani medici italiani.
TROPPI MEDICI: ITALIA SOPRA LE MEDIA UE. Che sfata anche un altro mito: quello del paradosso di un lavoro che c’è, ma non viene coperto da sufficiente ricambio generazionale. «In realtà i dati Ocse 2013 spiegano che in Italia ci sono oltre 4 medici ogni mille abitanti, mentre la media Ue è di 3,2. Senza considerare che nel nostro Paese esistono oltre 100 mila medici in pensione che continuano a esercitare la professione».
Come uscire dall’impasse? Parola d’ordine ‘riorganizzazione’. Non basta ripensare al sistema di accesso ai corsi di laurea: «Occorre rivedere la durata e la tipologia delle scuole», spiega ancora Silenzi.
«Sono in Italia esistono 53 differenziazioni. Nessun altro Paese ha la sfumatura tra otorinolaringoiatria e audiologia, per esempio…».
«GARANTIRE LA CURA AGLI ITALIANI DEL FUTURO». Giannini ha promesso tempi rapidi per il restyling, ma l’appello di Medici senza futuro e Giovani medici si estende a tutto il governo: «Reperire e investire fondi per far specializzare i neolaureati in Medicina nel nostro Paese è indispensabile per garantire agli italiani la possibilità di essere adeguatamente curati in futuro».
Il pensionamento del quiz, insomma, non sarebbe che il primo piccolo passo per rivoluzionare il sistema.onare il sistema.
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