Era una tranquilla serata estiva, la big city catanese inesorabilmente stretta nella morsa del caldo; cosรฌ sโรจ pensato โperchรฉ non andare in un posto sperduto dal mondo e dimenticato da dio, in mezzo a curve e montagne, a sentire un concerto di Angelo Branduardi?โ.
E lโavventura ha avuto inizio. Si parte nel tardo pomeriggio (perchรฉ la strada da fare รจ proprio tanta), dopo avere debitamente consultato il caro google maps alla ricerca del โpaese sperdutoโ, destinazione: Palazzolo Acreide. Nonostante le precauzioni da esploratori e lโattenzione alle, seppur scarse, segnaletiche, andiamo a finire in una strada tutta curve e tornanti da potenziale incidente ad ogni angolo, malamente asfaltata e ad illuminazione zero. Il guidatore, solitamente conosciuto per la sua spavalderia da โguida sportiva tipicamente cataneseโ, prudentemente mette da parte gli usi e costumi stradali della sua gente, e si avvia a 30 allโora. La scelta, purtroppo, non viene molto apprezzata da chi, dietro di noi, avvezzo a queste stradine montanare, non tollera la nostra andatura da lumachine giudiziose e tra clacson e lampeggiamenti vari, ci lancia contro infiniti improperi per lโimpossibilitร di superarci. Dopo un interminabile lasso di tempo trascorso in mezzo al nulla, con un limpidissimo cielo pieno di stelle data la totale assenza di inquinamento luminoso, finalmente giungiamo alla mรจta.
Pare di aver parcheggiato indietro nel tempo. Ci troviamo in un paesino medievale piuttosto accogliente, e dopo un bel panino con salsiccia locale, il concerto ha inizio. Cโรจ molta piรน gente di quanto non ci aspettassimo, la piazza รจ gremita. Lui รจ lui. Il menestrello riccioluto che ha accompagnato chissร quante giovinezze con la nota melodia di una certa fiera orientaleโฆ con un cervo che sette volte darร fruttoโฆ con una pulce dโacqua ladruncolaโฆ e, insomma, con quelle sue musiche folk medievali e le sue ballate secolari tanto diverse dal cantautorato classico italiano. Suoni capaci di trasportare in luoghi e tempi lontani, in vite trascorse e mai vissute, per terre avvolte da magia e mistero e quel senso di religiositร mai prepotente. I testi affollati da fiabe e leggende di culture da noi distanti, โchanson de gesteโ che evocano tavolate ricche di fagiani e cinghiali, banchetti da reโฆ viene da chiedersi comโรจ che Peter Jackson non lโabbia scelto per le colonne sonore del Signore degli anelli. Il menestrello spettinato esordisce con brani tratti dal nuovo album, โSenza Spinaโ, remake di un progetto risalente al 1986, quando con i suoi fidi musicisti, Branduardi fece il giro dellโEuropa diffondendo ovunque il suo verbo cantato in una precoce forma acustica. Un imponente leggio di legno, il violino elettrico in mano, la folta capigliatura ribelle al vento, la voce รจ quella di sempre ma, probabilmente, la vista no. Sembra perdersi nei meandri dei suoi stessi inediti e, con qualche cenno del capo come a scusarsi con gli astanti, perde il filo per poi, finalmente, ritrovarlo un poโ piรน in lร . Ma รจ quando introduce in scaletta i brani piรน classici del suo repertorio che il pubblico va in visibilio. Impossibile non notare un gruppetto di chierichetti & co sfegatati alzare insieme le mani ed emettere suoni da stadio quando viene intonato il โCantico delle creatureโ (spettacolo vagamente inquietanteโฆ). Cosรฌ, tra un โBallo in fa #โ e ritmi irlandesi magistralmente eseguiti dal Maestro, che non si priva di qualche suggestivo colpo di gong, ci lasciamo tutti rapire da questo strano ometto che in tanti anni, esteriormente, sembra sempre lo stesso, immune al tempo. Conclude la performance in mezzo alle acclamazioni dei fedelissimi (i piรน in lร con lโetร , ma sorprende il numero dei giovani) il suo testamento di vita: โConfessioni di un malandrinoโ.
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Ciรฒ che delude, non รจ tanto lโavanzare ineluttabile dellโetร con quello che comporta per un artista da palcoscenico, gli errori, le sviste. Ciรฒ che lascia lโamaro in bocca รจ forse il suo rifiuto categorico di concedersi a quel poโ di gente che voleva una banale firma, una semplice stretta di mano.
Quellโatteggiarsi da nordico gelido e distaccato che lascia attendere i suoi proseliti fuori da un portone con una falsa promessa, mentre sgattaiola dal retro. Le voci di corridoio di chi, coi vinili da collezione in mano, lo dice cambiato, snob, un uomo che tratta male i propri musicisti, un traditore della propria musica passata che adesso pare aver ripudiato.
ยซIo non sono cambiato,
il cuore ed i pensieri son gli stessi,
sul tappeto magnifico dei versi
voglio dirvi qualcosa che vi tocchiโฆ
voglio essere una gialla velatura
gonfia verso un paese senza nome.ยป
Cosรฌ cantava il Menestrello, e cosรฌ ci piace tenerlo a mente. Dopotutto, si sa, ben di rado gli artisti riescono ad essere allโaltezza di ciรฒ che producono.