Orazio Licandro in esclusiva per Eccellenze Made in UniCT

Orazio Licandro si è laureato in giurisprudenza presso il nostro Ateneo, svolge la professione di professore ordinario di Diritto Romano e di Epigrafia e Papirologia giuridica presso l’Università degli studi “Magna Græcia” di Catanzaro e dal 2010 insegna Epigrafia giuridica presso il Corso di Alta Formazione in Diritto Romano dell’Università degli studi “La Sapienza” di Roma. È autore di monografie e di numerosi saggi sulle istituzioni giuridiche e politiche della Roma antica, pubblicati su riviste internazionali, atti di convegno, raccolte di studi. È stato eletto nella XV Legislatura con il Partito dei Comunisti Italiani alla Camera dei deputati. Nella XV Legislatura è stato capogruppo PdCI della Commissione Affari costituzionali, alla Presidenza del Consiglio e Interni e della Commissione di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare. È tra gli ispiratori della lista “Sinistra per Catania”, il 1º luglio 2013 viene nominato assessore comunale del capoluogo etneo, con deleghe ai Saperi e alla Bellezza Condivisa e alle Relazioni internazionali.

Lei si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Catania. Quando ha capito che questo era il percorso universitario adatto a lei? Quanto le ha dato l’Università di Catania?

«Io mi sono formato qui a Catania, il ciclo ordinario di studi universitari presso la facoltà di Giurisprudenza, in seguito al conseguimento della laurea ho deciso di provare una strada difficilissima e durissima, però molto bella. Io sono felicissimo di ciò che faccio, mi ritengo un privilegiato dello studio, della ricerca scientifica e dell’insegnamento. Ho conseguito il dottorato in diritto romano presso l’Università di Catania, poi tutta la mia carriera accademica si è svolta fuori. Sono diventato ricercatore a Catanzaro, ho vinto il concorso per professore associato a Como e poi quello per professore ordinario a Reggio Calabria. Sono ordinario a Catanzaro ed insegno epigrafia e papirologia giuridica nel corso di alta formazione di diritto romano della Sapienza in Roma».

Ha poi intrapreso la carriera accademica e pubblicato diverse monografie e saggi sulle istituzioni giuridiche e politiche della Roma Antica. Quante difficoltà ha trovato lungo il suo percorso? Come mai ha scelto la carriera accademica?

«Diciamo che è una strada dura, trovi un lungo un percorso che non è mai lineare, è tortuoso e lungo. Si incontrano ovviamente persone di grande levatura, di capacità di ascolto e di sostegno; si trovano anche gli ostacoli, ci sono le gelosie, ci sono le invidie, ma questo come qualunque percorso umano ed in qualunque ambito lavorativo. Io parlo delle comunità accademiche in senso generale, disciplina per disciplina».

Nota un differente approccio nelle altre università?

«No, sostanzialmente no. Poi ci sono anche le sorti individuali, ci sono gli incontri fortuiti e fortunati. Quello che io dico a tutti è di avere il coraggio di intraprende la strada accademica, coraggio perché l’Italia come sistema non incoraggia, perché noi abbiamo assistito a 10-15 anni di tagli ai sistemi di formazione, della scuola, dell’università e della ricerca, insomma della cultura in generale. Occorre investire continuamente nella cultura, nel sapere e nella formazione. Nei momenti di crisi la cultura non è il bancomat per ristabilire i deficit economici del Paese. La cultura non è un lusso, è un diritto fondamentale, non a caso rientra tra i principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale».

Nel luglio 2013 è stato nominato assessore comunale alla cultura ed al turismo. La politica che ruolo ha nella sua vita? Ci può raccontare qualche aneddoto al riguardo? Può anticiparci qualcosa sulle iniziative del suo assessorato? E sul mega concerto organizzato per Capodanno?

«Io ho fatto sempre politica perché rientra nelle mie corde e perché nutro una profonda convinzione, che la politica non è quella cosa sporca che purtroppo le croniche quotidiane e giudiziarie ogni giorno consegnano ai cittadini. La politica è l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, è la nostra vita e noi non ce ne rendiamo conto e ci sono tanti che agiscono affinché non ci sia questa consapevolezza. Ogni nostro gesto, per quanto possa sembrare un iperbole, è sempre un atto politico. Quindi i cittadini devono tornare a partecipare e non a delegare, a riprendersi e a costruirsi la propria vita. Io ho sempre ritenuto essenziale in una persona la partecipazione politica, perché in ogni caso si cresce anche nel proprio ambito lavorativo e capacità di confronto, anche di lotta e scontro, fortifica. Ho iniziato nelle organizzazioni giovanili, poi nei partiti, vengo dal P.C.I. ed ho poi ho seguito le svolte del partito, però poi sono andato via perché non ho condiviso, appunto, alcune svolte e cambiamenti. Ho aderito al partito PdCI, ho ricoperto tutte le cariche sino a quella di vice segretario nazionale. Sul piano istituzionale sono stato consigliere comunale in questa città, deputato durante la XV legislatura, capo gruppo della commissione affari costituzionali e della commissione antimafia, adesso sono assessore alla cultura e al turismo.
Come conciliare il tutto? Una stella polare, la politica non è una professione. Nessuno deve campare di politica, perché se fa questo perde ogni ancoraggio di ideali, di valori. Destra, sinistra, centro non ha importanza, la politica deve essere un servizio, se diventa un mestiere è il bacco della degenerazione. Io non ho mai smesso di fare ciò che amo, cioè di insegnare, di studiare, di scrivere e così via.
Le racconto un aneddoto. Quando sono stato eletto deputato, sa che si va in aspettativa obbligatoria, io mi sono presentato in consiglio di facoltà, era il 2006, ho salutato i colleghi, e appunto da lì a qualche settimana mi sarei insediato in Parlamento alla Camera dei Deputati, ad un certo punto presi la parola e dissi <guardate che non vi liberate di me, perché io settimana prossima torno a fare lezione>. Lo stesso preside disse <che vuoi dire?>, <Io sto ufficialmente chiedendo di concedermi la possibilità, prevista per legge, di poter continuare ad insegnare a titolo gratuito>. Quindi cosa vuol dire? Anziché starmene comodamente in aspettativa a Roma, io ogni settimana prima andavo a Catanzaro a fare lezione, e poi andavo a Roma, questo per non perdere mai la realtà.

Per l’iniziativa di Capodanno sono felicissimo, non c’è dubbio che Catania era entrata in un cono d’ombra sotto il profilo delle politiche culturali e del turismo. Stiamo provando in ogni campo a ridarle il suo giusto posto. Perché Catania per un secolo sino alla metà del ‘900 è stata una grande capitale culturale, per la pittura, la letteratura, la scienza, siamo stati davvero al centro dell’Europa. Poi è finita in un cono d’ombra, e gli ultimi tempi ne hanno conclamato questo esito. Dobbiamo riportare dignità alla città, abbiamo iniziato con la grande musica a capodanno 2014 con Bregovic, poi Ligabue, Caparezza, ma non soltanto i grandi eventi; un’attività di musica di ogni genere, folk, rock, jazz, classica, sinfonica, per tutto l’anno. La stessa cosa sul piano della promozione della lettura, del libro, per la prima volta Catania ha avuto luogo una delle cinque serate finali del Premio Campiello, uno dei premi letterari più prestigiosi. È stata una magnifica serata, abbiamo impressionato per la bellezza della città, per l’accoglienza ed il patrimonio che abbiamo. Gli stessi organizzatori del Campiello ci hanno chiesto di ritornare, quindi avremo una seconda edizione catanese.
A Catania non manca niente. Il nostro patrimonio culturale sinora non è stato valorizzato, sono dati pubblici, lo può verificare chiunque. I fondi per la cultura avevano una cifra in bilancio, zero. Quindi con tutta l’amministrazione, abbiamo messo in moto tutti i contatti per restituire un po’ di fiducia. Abbiamo fatto tantissime cose, come dicevo il Campiello, il book festival , il servizio dell’auto-book. Quest’ultimo non è un servizio bibliotecario normale, noi non facciamo servizio di prestito di libri, ma uno strumento molto duttile in mano alle associazioni e gruppi, scuole e parrocchie, chiunque ne faccia richiesta; lo diamo perché serve a creare iniziative, presentazioni di libri, animazione, teatro, con al centro come protagonista il libro e la cultura. Se non si legge non si cresce.

La città è piena di turisti, mi hanno detto i grossi albergatori che per il 31 dicembre hanno già il sold out. Inoltre la conferma di eDreams che mette Catania al primo posto tra le mete turistiche del sud, quindi significa che è arrivato finalmente un messaggio positivo della città. Abbiamo dei problemi che in questi anni si sono incancreniti, ma stiamo provando a risolverli. Per non parlare della rivoluzione silenziosa dei musei, per la prima volta i musei catanesi comunali, quindi quelli di cui dispone il comune, non sono chiusi e sono sempre aperti, abbiamo introdotto l’orario continuato 9-19 senza chiusure intermedie, come uno standard civile europeo. Abbiamo anche introdotto l’orario prolungato, significa che la sera quando se ci saranno eventi in città, i musei rimarranno aperti oltre le 19. Anticipando il decreto franceschini, finalmente gli spettacoli arriveranno dentro i musei, che non devono essere dei luoghi polverosi, ma vivi di offerta e di produzione culturale. Nell’ultima ‘’notte ai musei’’ abbiamo avuto circa 13 mila ingressi, una grande festa popolare. Sono elementi e linee innovative che servono ad innovare il patrimonio culturale della città. Un patrimonio inestimabile, non mi stanco mai di ripetere che Catania è l’unica città italiana dopo Roma ad avere vestigia, resti, testimonianze di qualunque epoca storica, senza soluzioni di continuità. Catania greca, romana, medievale, barocca. Firenze ha testimonianze dal medioevo, mentre Catania dalla preistoria. Per la prima volta il comune di Catania ha un piano di progetti, l’Agenzia Governativa ci ha fatto i complimenti. Abbiamo tanti progetti, tanti sono realizzati, tanti in corso di realizzazione, ci aspettiamo che dalla Regione dall’UE arrivino delle risorse».

Qual è secondo lei il modo giusto per guardare al futuro? Cosa consiglia ai giovani laureandi? Cosa si potrebbe fare per attirare ‘i cervelli’ ed evitare che fuggano via dalla nostra terra?

«Innanzitutto anche io ho coltivato l’idea di andare, però poi ho deciso di restare pur lavorando altrove. Io insegno altrove, ma non ho lasciato questa terra, la mia terra, per cui mi impegno quotidianamente sul versante politico. L’abbandono, la fuga, poi non è ‘fuga’ perché è un concetto anche un po’ vigliacco, che da l’idea di chi non ha coraggio, in realtà non è cosi, sono un po’ i viaggi gli addii per cercare migliori condizioni materiali di vita, che spingono soprattutto i giovani ad andare via. Io vorrei semplicemente dire, ma capisco che può sembrare una cosa di chi invece non ha questi problemi , di avere coraggio e di insistere. Di non abbandonare mai, perché improvvisamente si possono aprire nuove prospettive. Comunque la cosa più importante è contare su se stessi, sulle proprie capacità, studiare sempre , formarsi continuamente, non farsi prendere dallo sconforto. Né dire che fare politica fa schifo, la politica è quella che crea le prospettive, e siccome in politica non esistono vuoti, allora impegnarsi, studiare e contare sulla propria intelligenza, non servire mai nessuno, non vendersi mai per un miraggio, per una briciola, per un tozzo di pane. La cosa che mi ha insegnato di più mio padre è rispettare la dignità propria, e lo fai se sai rispettare quella altrui».

Fiorella Manciagli

Fiorella Manciagli laureanda in Giurisprudenza a Catania, appassionata di attualità e politica. Rubrica: Eccellenze Made in UNICT.

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Fiorella Manciagli

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