Mesi di lavoro finiscono nei cassonetti. Sembra una moda diffusa in tutta italia. Avevamo denunciato qualche tempo fa un caso a Catania, dove le tesi venivano buttate nei cassonetti senza logica alcuna. Ma la moda sembra diffusa in tutta italia. Le foto continuano a circolare in rete, bidoni della spazzatura stracolmi di tesi finemente rilegate.
Che fine fanno le tesi degli studenti? E’ l’interrogativo di molti studenti universitari che si chiedono il motivo di così tanta disorganizzazione e richiedono un regolamento che permetta di archiviare i loro preziosi lavori.
SEGUE CAGLIARI – Il tre aprile 2012 uno studente di Economia dell’Università di Cagliari fotografa un cassonetto e diffonde la foto su twitter, con l’interrogativo “A cosa serve far stampare agli studenti 5 copie della tesi di laurea se poi l’Università le getta nei bidoni dell’immondizia?”.
La cosa non sembra aver preoccupatoagli altri Atenei italiani. Subito dopo Catania e Cagliari, è toccato all’Università di Milano, precisamente alla facoltà di Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dove sono state ritrovate fra i cassonetti tesi risalenti agli anni 1983-1995. In questo caso la risposta della Statale è arrivata direttamente dal Corriere.it, infatti l’Ateneo ha risposto che “vengono corservate indefinitamente copia di ogni tesi, di ogni grado e livello di studio, nel proprio Archivio tesi, garantendone peraltro la pubblica consultazione se autorizzata dall’autore. Lo smaltimento delle copie cartacee in dotazione ai singoli docenti, relatori o correlatori, spetta a loro che ne dispongono liberamente, anche valutando le non secondarie esigenze di razionalizzazione degli spazi a disposizione”. Alla Statale quindi le tesi vengono conservate in un archivio, peraltro consultabile, ma quelle destinate ai docenti vengono conservate come il prof meglio crede. E soprattutto per il tempo che ritiene opportuno. Ogni singola facoltà, quindi, decide autonomamente come e per quanto tempo conservare le proprie tesi.
COSA SUCCEDE INVECE ALLA SAPIENZA – All’Università La Sapienza di Roma, ad esempio, gli elaborati vengono tutti conservati in un archivio. Dagli anni 30 ad oggi, da quando cioè la sede è quella attuale. Ogni singola tesi va a far parte del fascicolo dello studente, in cui è presente tutto lo storico del ragazzo. Dal 2000 ad oggi, l’Ateneo capitolino più grande d’Italia, chiede agli studenti e conserva solo il formato digitale, prima si trattava di un floppy e poi di un cd.
E A TOR VERGATA – Anche l’Ateneo di Tor Vergata ha optato per la conservazione della tesi in formato digitale a partire dal 2002 con la facoltà di lettere. Da quel momento la rivoluzione su floppy-cd ha raggiunto tutto l’Ateneo. Quindi il problema, si pone solo per le tesi antecedenti al 2002, a partire dalla data di inaugurazione dell’Università, nel 1983. Le tesi cartacee sono tutte conservate per le facoltà di lettere ingegneria, giurisprudenza e scienze. Qualche mancanza potrebbe essere registrata nelle facoltà di medicina e di economia che, autonomamente, hanno smaltito parti della raccolta.
PERUGIA – Procedimento simile anche all’Università di Perugia in cui esiste un archivio dell’area didattica, unico per tutte le facoltà, in cui lo studente riceve la garanzia della conservazione della tesi. Da un anno anche l’Ateneo umbro richiede il formato digitale, su cd. Evidentemente la conservazione di tanta carta crea non pochi problemi di spazio, risolvibili con un archivio digitale. Oltre all’inutile spreco, ovviamente.
E A CATANIA? Sembra che l’Ateneo siciliano, dopo gli episodi del 2012 si sia dotato di un sistema di archiviazione digitale. Si chiama Archivia e rende disponibile in formato elettronico i documenti prodotti durante la ricerca universitaria e post lauream dell’Ateneo catanese. Depositati direttamente dagli autori mediante procedure di auto archiviazione.
Tramite questi sistemi le università aderiscono ai nuovi modelli di comunicazione e disseminazione della conoscenza via internet, secondo i principi sanciti nella dichiarazione di Berlino e nella dichiarazione di Messina, a cui gli atenei devono sottostare.
Le nostre tesi sembrerebbero dunque salve. Rimane da capire soltanto perché stampare molteplici copie. Ai posteri l’ardua sentenza.
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