Capita a tutti di pensare a quanto in fretta (troppo in fretta) passi il tempo, soprattutto quando ci si trova sui libri nel rush finale della notte prima di un esame. Ma ricordate d’essere stati bambini e di aver pensato che le giornate non passassero mai, che Natale fosse troppo lontano e che un’estate sarebbe durata per sempre?
Il grafico australiano Maximilian Kiener ha tentato di dare una spiegazione nel modo più semplice e immediato possibile: attraverso un grafico.
L’idea è nata grazie agli studi del filosofo Paul Janet, che nel 1897 ha teorizzato una correlazione tra la percezione che si ha del tempo e gli anni già vissuti. Per esempio, per un bambino che ha compiuto un anno, 365 giorni rappresentano il 100% della sua vita. Crescendo le proporzioni diminuiscono, sino all’unico punto percentuale di chi ha compiuto 99 anni.
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Il grafico di Kiener permette in fondo di visualizzare ciò che ognuno di noi ha iniziato a provare sulla propria pelle a partire dai vent’anni, quando i viaggi in macchina hanno smesso di sembrare infiniti, e la domanda “Siamo già arrivati?” non viene più pronunciata con impazienza ma con incredulità. Parte della responsabilità potrebbe essere attribuita alla routine, quando tra lavoro/università, cena e pigiama, si va a letto pensando “Domani è un altro giorno”.
Ci sono da tenere in conto anche i cambiamenti del nostro metabolismo e del suo rallentamento nella vecchiaia. Il cuore di un bambino batte più velocemente, il respiro e il flusso sanguigno sono ben più rapidi di quelli di un adulto. Si può pensare a un orologio che si muove il 25% più in fretta, così che 24 ore sembrano 30.
E sebbene l’idea che un giorno il nostro tempo diventerà sempre più breve è deprimente, Kiener invita chiunque sia arrivato alla fine del suo viaggio grafico a fare tutto ciò che avrebbe voluto sempre fare: perché la vita è breve e non ha senso rimandare in eterno.