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UNIVERSITÀ – Ricerca: ogni 10 pensionamenti, assunti meno di due ricercatori.

Uno studio di SI sulla ricerca scientifica in Italia cerca di fare luce sui precari: ogni 10 pensionamenti, assunti meno di due ricercatori.

Dati per nulla confortanti per gli studenti delle nostre università. Una ricerca di Sinistra italiana, In & Out, condotta da Orazio Giancola, del Dipartimento di Scienze sociali ed economiche dell’Università La Sapienza di Roma, e Francesco Vitucci, del Dipartimento Saperi di SI, richiama l’attenzione sul precariato. Su 99.533 fra professori ordinari e associati, ricercatori a tempo indeterminato e determinato, assegnisti di ricerca e titolari di borsa di dottorato, il 51,5% è oggi un precario.

Una volta scaduto il contratto non hanno certezza di veder stabilizzata la propria posizione. Lo studio mette in evidenza alcuni dati significativi sul fenomeno. Fra il 2010 e il 2015 a fronte di circa 14mila pensionamenti di professori e ricercatori, sono stati assunti soltanto una piccola parte di ricercatori a tempo determinato. Nello specifico 2.295 sono i ricercatori che dopo aver acquisito l’abilitazione scientifica nazionale possono diventare professori associati, e 3.687 non hanno invece nessuna certezza di diventare professori, perché dopo i tre anni di incarico i loro contratti possono essere prorogati solo di altri due anni. Tuttavia se non vincono un concorso per professore associato restano senza lavoro. Altra evidenza la danno i dati del Miur. Il grosso dei precari della ricerca comprende assegnisti, dottorandi e borsisti. Sulle prime due categorie sono 13.350 assegnisti e 31.651 dottorandi (dati rispettivamente del 2017 e del 2015). Mentre i borsisti non sono neppure quantificabili. Sappiamo solo che dal 2010 al 2016 sono quasi 43mila i giovani che sono stati titolari di un assegno di ricerca, di cui ben il 93% è ora senza un lavoro, di contro ai 3mila che sono riusciti a trovare un posto, seppur precario, da ricercatore.

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Se teniamo conto, inoltre. della riforma Gelmini (2008 – 2013) che ha ridotto le risorse date alle università, la situazione generale non è per nulla incoraggiante per il futuro degli studenti italiani.