Attualità

Voucher, la parola fine arriva dal Senato con 140 sì

Da mesi ormai non si parla che del caso dei voucher. Il decreto, che abolisce definitivamente la loro validità, è già stato approvato dalla Camera e da ieri è diventato definitivo. 

Infatti, dopo 140 sì e 31 astenuti, il provvedimento passa al Senato. La segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso,  ha così commentato la recente vittoria: “Bisogna trasformare in legge il decreto e farlo con il testo che è stato presentato. Siamo qui per rivendicare questo, avendo detto e continuando a dire che qualora non fosse così siamo pronti ad andare al referendum”. Ha anche ribadito che con l’addio ai voucher “non si crea alcun vuoto normativo: è una leggenda inventata il giorno dopo il decreto. Forme di flessibilità e di lavoro breve ce ne sono in un numero infinito nel nostro ordinamento”. Per le famiglie, ha ribadito, c’è “la nostra proposta contenuta nella ‘Carta dei diritti universali del lavoro’ con la formulazione del rapporto di lavoro subordinato occasionale”.

Anche il vicepresidente del gruppo Pd. Stefano Lepri, si è esposto al riguardo: “Non si tratta di una scelta dettata dal timore del referendum ma è in linea con l’approccio riformista del Governo e della maggioranza parlamentare.” “Abbiamo voluto evitare di dare un significato politico ad un quesito referendario che è squisitamente di merito – spiega – e abbiamo voluto evitare che l’esito referendario ritardasse o impedisse di rimettere prontamente mano ai limiti individuati, così da garantire le indiscutibili esigenze di assicurare lavori erogabili anche in forma occasionale. Sui voucher ci sono stati abusi, ma nella maggior parte dei casi essi hanno permesso di svolgere in modo semplice, con costi amministrativi ridotti e con copertura contributiva, lavori che altrimenti sarebbero rimasti nell’economia sommersa. Appare dunque indiscutibile l’utilità dei voucher in campi quali agricoltura, inserimento lavorativo di persone svantaggiate, assistenza a congressi o in occasione di eventi sportivi, vendita in periodo natalizio, servizi scolastici pomeridiani, quelli domestici, per i non autosufficienti, per i bambini”. “Per questo dopo la loro abrogazione serviranno subito nuove norme da definire anche attraverso un proficuo confronto con le parti sociali. Esempi positivi – conclude Lepri – possono venire dagli chêques francesi, che incorporano anche un contributo pubblico a sostegno dei servizi alla famiglia o dai mini-jobs tedeschi, magari attivabili modificando le attuali forme del lavoro a chiamata”.

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