Attualità

Perché studiare latino e greco? Il cantautore Roberto Vecchioni: “Il giambo è rock”

Sempre più spesso a chi si occupa di discipline umanistiche o a chi affronta le discipline classiche viene chiesto: “A che cosa serve?”. Maurizio Bettini ha dato una risposta a questa domanda con la pubblicazione del suo saggio. “Se non leggessimo più l’Eneide perderemmo contatto non solo con il mondo romano ma anche con ciò che è venuto dopo” è possibile leggere sulla prima di copertina,  e ancora “Perdere Virgilio significa perdere anche Dante e così via”.

Si tratta non di una difesa degli studi classici, come sottolinea Roberto Vecchioni cantautore e professore, ma di un attacco in una vera e propria guerra contro tutti coloro che reputano inutili studi del genere. Il senso della vita, dell’uomo stesso si ritrovano all’interno delle storie dei greci e dei romani, un significato ontologico ed esistenziale che non possiamo trascurare né tralasciare. Alla provocante domanda di John Pastore riguardo l’utilità di questi studi e progetti per la nostra patria, il professor Vecchioni risponde che ciò non serve a difendere la nostra patria, ma la rende più degna di essere difesa. Quando parliamo di classicità dunque non dobbiamo riferirci al passato, poiché i valori propugnati da quel mondo da noi ritenuto così distante sono più attuali che mai.

Detto ciò, come bisogna approcciarsi a questo mondo? Come bisogna insegnare la classicità e come bisogna studiarla? Sono queste le domande che Bettini si pone all’interno del saggio. L’autore ritiene giusto cercare appunto la classicità dei greci e dei romani all’interno del nostro mondo moderno, dentro il cinema, dentro le opere teatrali. La si ritrova perfino in moltissimi videogiochi che dilettano grandi e piccoli ma dal probabilmente oscuro significato. Importante dunque diventa a questo punto approcciarsi al passato classico in toto, senza frammentarlo in vari generi ed ambiti ma guardarlo con uno sguardo d’insieme, coglierlo tutto in un istante.

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“Ma la cosa di gran lunga più importante, rileva Bettini, – scrive Roberto Vecchioni su La Stampa –  è che gli studenti si formino un sistema, una ‘Gestalt’ del mondo antico in toto, senza spezzettarlo in particolari disuniti e frammentari studiando l’ipotetica di terzo tipo come una cosa a sé, Silla, Augusto, Costantino come capitati per caso, la metrica come un di più fuori dal mondo, quando il ritmo invece è essenziale al ‘mélos’ da sempre, e il giambo altro non è che rock, l’esametro valzer (altra aphormé). Sono il tempo, la scena, le temperie che si devono far respirare ai ragazzi, perché questo, non altro è cultura. Splendido, a proposito, l’esempio di Niels Bohr che in visita al castello di Kronborg traduce in verità sensibili e affettive la ‘fiction’ di Shakespeare, e nella sua mente, nel suo cuore Amleto ed Ofelia lasciano spazio a quella corte che ora è un intero mondo”. 

Nella modernità c’è tutto l’occorrente che ci spinge a continuare lo studio del latino e del greco. Lo dice anche Zielinski, in “L’antico e noi”, un saggio in cui, contro tutti coloro che ritengono che la Filologia classica abbia investigato ormai tutto ciò che c’era di investigabile e quindi sia ormai inutile, dice che proprio adesso con l’avvento dei film più moderni, delle opere teatrali più innovative ed insomma con il procedere e l’avanzare del futuro questi studi sono ancor più attuali. A cosa serve tradurre e studiare passi antichi di lingue morte? Ad esercitare lo spirito e la mente, come dice Luciano Canfora, ricercando nella modernità il valore dell’antico nell’arte e nella letteratura, come afferma Salvatore Settis. Non è un caso che gli studenti liceali che vanno bene in matematica siano anche bravi nelle traduzioni di passi latini e greci: il valore di una traduzione ragionata secondo il metodo classico di versioni antiche è paragonabile ai collegamenti che il nostro cervello effettua per la risoluzione di quesiti matematici.

Tenendo a mente tutto questo, possiamo realmente chiederci quale sia la reale utilità degli studi umanistici oggi. Ma dobbiamo badare a non giungere a conclusioni affrettate, affermando subito e prepotentemente che gli studi umanistici non sono oggi di nessuna utilità, bensì possiamo provare ad investigare e ricercare tutti gli aspetti moderni influenzati dal passato.