«Questa valanga di foto può avere un impatto negativo sui ricordi»: ecco l’avvertimento lanciato dalla Fairfield, al termine di uno studio condotto da Linda A. Henkel. Scattare troppe foto fa male alla memoria, infatti “autorizza” il nostro cervello a dimenticare.
Centinaia di foto vengono scattate con gli smartphone per essere subito caricate sui social network, Facebook e Instagram,come se l’unico fine dello scatto fosse la condivisione online. I nuovi telefonini, avendo una fotocamera incorporata, permettono di immortalare ogni momento e di condividerlo in tempo reale con il mondo. Vengono difatti scattate decine di foto, ma non sempre la nostra memoria trattiene il ricordo dei momenti fotografati, così Instagram e gli smartphone rappresenterebbero una minaccia.
Linda Henkel ha effettuato dei test su diversi gruppi di universitari, che sono stati invitati a visitare ilBellarmine Museum of Art. A ciascuno è stata data una fotocamera digitale e sono stati invitati a fotografare alcune opere del museo. Il giorno successivo alla visita, gli studenti sono stati sottoposti ad un questionario, che chiedeva di descrivere alcuni dei pezzi esposti al museo. Confrontando le risposte con le fotografie è venuto fuori che chi aveva scattato un numero maggiore di foto non aveva un ricordo chiaro degli oggetti.
«Nonostante il tempo impiegato a trovare l’angolatura giusta, a mettere a fuoco e catturare l’oggetto»- spiega la Henkel- «l’atto del fotografare sembra creare un processo in base al quale le persone si sentono giustificate a dimenticare ciò che hanno visto». L’ipotesi che è stata fatta è che il cervello trasmette il compito del ricordo ad un altro mezzo, la memoria della fotocamera o l’archivio di Instagram, dimenticando i particolari della cosa scattata o addirittura dimenticandola nel complesso. Il rischio che si corre è che la memoria si indebolisca sempre più e questo può colpire molti fruitori, difatti i possessori di smartphone sono 1,4 miliardi e gli utenti che usano Instagram, su base mensile, sono 150 milioni, dato in costante crescita. Questi sono gli utenti che potrebbero essere “vittime” di quello che dalla studiosa è stato definito “photo-taking impairement effect”, cioè effetto di indebolimento della memoria da foto.
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Non sono necessari allarmismi, l’invito che viene fatto è quello di riflettere sui danni che potrebbe avere la memoria e soffermarsi ad osservare il mondo senza, magari, scattare alcuna foto e confidando meno sui dispositivi tecnologici, affinché la memoria ricordi da sola le proprie esperienze.